E’ IL GRANDE APPALTO CHE FA CONSENSO,LA SICILIA SENZA MANUTENZIONE SI SBRICIOLA.
L’autostrada Palermo-Messina è stata per anni il simbolo di “eterna incompiuta”. Iniziata nel 1969, è stata terminata nel 2005. Ci sono voluti 36 anni per realizzare 183 chilometri, al “ritmo” di 5 chilometri all’anno e al costo di 4 milioni al chilometro.
Una storia italiana e molto siciliana. Certo, un’opera molto complessa, anche perché gran parte dell’autostrada svetta su altissimi piloni.
Sì i piloni. E a soli 10 anni dal completamento di un’arteria importantissima per una regione, la Sicilia, connotata da atavici e notissimi problemi legati al trasporto ferroviario, adesso proprio un pilone crea una nuova ferita gravissima alla mobilità regionale, quello crollato sulla Palermo Catania a Scillato, che divide la regione in due tronconi.
L’Anas stima che occorrerà un anno per ripristinare lo svincolo e nel frattempo consiglia “percorsi alternativi”. Il che significa condannare chi si azzarda ad andare da Palermo a Catania a 4 ore circa di strada. Di prendere il treno, meglio non parlare: quando va bene, ci si impiegano quattro ore e mezza.
In pochi, ovviamente, sono disponibili a scommettere un euro bucato che il ripristino del viadotto di Scillato possa davvero avvenire entro un anno. Troppo facile immaginare che, invece, il devastante stop ai trasporti dell’isola durerà per chissà quanto tempo, con le inevitabili conseguenze sui tempi di trasporto e costi delle merci.
Eppure, l’Italia è quel Paese nel quale ci si stupisce se la famosa siringa costa più in Calabria che in Lombardia: a nessuno, forse, viene il sospetto che se la logistica delle merci è sfavorevole, i prezzi dei beni non possono certo essere competitivi, anche se il buon senso porta a ritenere che uno stesso bene dovrebbe avere lo stesso prezzo ovunque. Ma, l’economia è cosa diversa dal buon senso.
D’altra parte, il buon senso appare davvero merce molto più raro ancora della logistica. Il crollo del viadotto di Scillato è solo uno dei tanti eclatanti eventi che segnalano l’abbandono della manutenzione e del territorio. Per fortuna, non ci sono state vittime. Perché di solito a ricordare al Paese le sue colpe appunto nella manutenzione sono eventi disastrosi come alluvioni e frane, per altro non infrequenti proprio in Sicilia e nei pressi di Messina.
Mentre il Paese pensa ad opere faraoniche di utilità più che dubbia, ma non certo per le varie cricche capaci di trarne profitti illeciti alle spalle dei contribuenti, si disfano le scuole, crollano ponti e viadotti, città colpite dal terremoto come L’Aquila non vengono ricostruite.
La politica del marketing è costretta sempre più al rilancio della “grande” opera, che dà evidenza e consente, soprattutto, di contrattare appetiti e tenere buoni lobby economiche potentissime.
Si sa che il grandissimo appalto è molto spendibile in tema di consenso politico, mentre le manutenzioni, poco visibili, non interessano. Piuttosto, meglio far crollare un ponte ed un viadotto: costa di più la sua ricostruzione che la sua manutenzione, ma evidentemente lo scopo è proprio quello.
Il viadotto a Scillato è crollato mentre il Governo si spende nell’esaltare la riduzione del 50% delle grandi opere, che passeranno a “sole” 25, ovviamente “strategiche”. Per che cosa non è dato comprendere fino in fondo, mai. Un crollo, quello del viadotto, che testimonia probabilmente come di strategico ci sarebbe solo un cambio di approccio totale ed urgente. Intanto, per chi deve spostarsi da Palermo a Catania non resta che augurare buona fortuna…