SENZA GLI 80 EURO ALLE REGIONALI IL PD DI RENZI HA FATTO MENO DELLA DITTA DI BERSANI
Qual è la differenza tra il Renzi 1 e il Renzi 2, se davvero c’è? Indubbiamente, una prima differenza è data dall’esaurimento dell’effetto “rottamazione”: il tema, trainante per l’ascesa del premier, ormai non è più trainante.
Poi, è chiaro che pesa il logorio di quasi un anno e mezzo di governo e i nodi che inevitabilmente vengono al pettine: riforme che si dovevano fare, una al mese, in 100 giorni e che invece si diluiranno forse in 1000 giorni. Ma, soprattutto, riforme non fatte, come quelle sull’imposta sulla casa sicchè l’odiata Imu è rimasta, cara e odiata, come in questi giorni gli italiani tornano ad apprendere. Oppure, riforme fatte male, come quella disastrosa delle province. O quelle a futura memoria, come la legge elettorale, che si applicherà nel 2017 e che, comunque non modifica i difetti di costituzionalità eclatanti del “porcellum” ed ha distratto l’attenzione di Governo e Parlamento per mesi.
Non possono non pesare, ovviamente, i tanti, troppi, fatti eclatanti di corruzione e mala amministrazione succedutisi in questi mesi: Mose, Expo, Mafia Capitale, affaire Grandi Opere, il rilancio di Mafia Capitale. Inchieste ed eventi che confermano la debolezza degli anticorpi contro il malaffare, senza la percezione di utili rimedi; in questo senso la buona volontà di Raffaele Cantone non basta e non poteva certo bastare per porre un argine efficace.
Poi, incidono anche battaglie intraprese con elementi dell’elettorato tendenzialmente propensi a dare il consenso al centro sinistra: i soldi non interamente restituiti ai pensionati e lo scontro col milione di dipendenti del mondo della scuola, in occasione del tentativo di riforma, che espone il Governo a forti rischi di tenuta al Senato. Non è improbabile che parte significativa di questo elettorato abbia abbandonato le urne alle tornate regionali e comunali, determinando i risultati non propriamente entusiasmanti del “Renzi 2”.
Ovviamente, le cause e gli elementi di analisi sono ancora molteplici e maggiori. Tuttavia, non si può tacere la circostanza che al Renzi 2 è sostanzialmente mancato l’asso nella manica del Renzi 1: gli 80 euro. Il Renzi 2 ha visto i consensi del partito di cui è segretario tornare ad essere quelli dell’era Bersani, anche inferiori. Segno probabile che il livello massimo di consenso di quel partito si aggira tra il 24 e il 27%. E per schiodarlo, a ben vedere, al di là dell’entusiasmo, della velocità, della rottamazione e del brandire riforme per inneggiare al futuro (anche a costo di negare o minimizzare l’incombenza del presente), occorre un “incentivo”. Che in quest’ultima tornata elettorale non c’è stato.
Il Renzi 1 ha fruito moltissimo degli 80 euro, al costo di circa 16 miliardi di euro tra 2014 e 2015: denari certamente utili per larga parte della popolazione, ma di quella che aveva un lavoro ed un reddito. Il peso dei mancati 80 euro per il Renzi 2 potrebbe essere, dunque, la consapevolezza che quei 16 miliardi, utili certo, ma non abbastanza, non si sono potuti utilizzare per risarcire i pensionati, per rafforzare davvero la scuola, per incrementare adeguatamente le prestazioni e gli aiuti ai disoccupati, per elaborare e sostenere i costi di un piano davvero efficace di accoglienza degli immigrati.