REGOLAMENTO DI CONTI CON SCONTRINO
Non basta essere onesti per governare un ente come il comune di Roma. E’ fin troppo evidente che occorre un fortissimo e preparatissimo apparato, sia politico che amministrativo. L’onestà è un requisito indispensabile, ma da solo insufficiente.
La caduta di Marino a Roma non è che la conferma di questo assunto banalissimo. Di certo l’ex sindaco (anche se le dimissioni non sono ancora efficaci) non può essere considerato compartecipe diretto dei mali della Capitale. Ma, questo non poteva bastare. Tanto più se l’onestà venga, comunque, incisa anche solo lievemente da una gestione delle “spese di rappresentanza” un po’ tra l’ingenuo e l’allegro.
La vicenda di Roma, comunque, mette in luce in un colpo solo tutto il peggio della politica di questi anni.
C’è il trionfo del populismo più becero, che si traduce nel voyeurismo dello scontrino, utilizzato, però, “on demand”, solo quando conviene. Nel caso di specie, nei confronti di Marino, sicuramente estraneo al potere costituito nel Governo e nel partito dal quale proviene, il pelo e contropelo alla bottiglia di vino è stato utilizzato senza troppi scrupoli. Nessuno, dal medesimo partito e dal Governo, ha invece invitato sottosegretari ancora saldamente in servizio a dimettersi, pur essendo incappati in vicende del tutto analoghe, relative ai rimborsi spese ottenuti da consiglieri regionali.
C’è la miopia istituzionale. Sugli scontrini sono caduti o si sono scontrati moltissimi tra consiglieri regionali e sindaci. Eppure, la riforma costituzionale del Senato chi individua come componenti a part-time di Palazzo Madama? Consiglieri regionali e sindaci.
C’è la conferma che la politica, da sola, non riesce ad estirpare i mali di cui essa è a un tempo vittima e concausa. Anche se Marino ha certamente giocato un ruolo rilevante nel tentativo di innovare persone e modi di fare nel comune di Roma, allo scopo di combattere contro il sistema di “Mafia Capitale”, detto sistema è stato scoperto dalla magistratura. Senza l’intervento dei giudici, nessuno lo avrebbe scoperchiato. E alcuni protagonisti fondamentali che stavano nella giunta di Marino, o a presiedere il consiglio comunale o a fare da consulenti al Comune, sarebbero ancora ai loro posti. Marino li ha allontanati dal Comune. Ma, dopo l’azione della magistratura. Non prima.
C’è la conferma di un anelito al verticismo del potere, per superare il confronto democratico. Marino è stato eletto dai cittadini di Roma, dopo essere stato selezionato alle primarie del suo partito, in un’epoca – recentissima – nella quale le primarie sembravano l’unico metodo “sacro” per rilanciare la politica. Era, quello, il periodo nel quale le primarie erano utili, anzi indispensabili, per l’ascesa alla segreteria del partito da parte dell’attuale premier. Ora, sembra che esse non servano più. Il candidato sindaco dovrà essere frutto della decisione verticistica del premier-segretario, possibilmente meglio se coincidente con il commissario del comune, che sarà deciso dal premier-segretario, meglio se ancora se concorrerà alle elezioni molto, molto in là, per far riscuotere il dividendo del tempo che passa, di una buona gestione del Giubileo e della popolarità acquisita, evitando il rischio che un’elezione ravvicinata nel tempo possa far confermare il convogliamento del consenso verso forze di opposizione.
C’è, infine, la conferma di un comune, quello di Roma, totalmente allo sbando, nelle mani di famiglie e conventicole che fanno il bello e cattivo tempo sul controllo del territorio e di alcune specifiche attività commerciali. Ma, soprattutto, da almeno 25 anni, il comune è votato al disastro e alla mala amministrazione. Tanto da esservi un “comune parallelo” una gestione commissariale che deve gestire 12 miliardi di debito, addossati non solo sulle aliquote alle stelle di Imu e Tasi per i romani, ma anche sulle imposte immobiliari di tutti gli italiani.
Ecco perché l’onestà, o l’essere “alieno”, di uno solo non basta. Non può bastare. Anche perché un sistema simile non può che considerare l’”alieno” un corpo estraneo. Prima o poi.