PRIMARIE DI CASA NOSTRA SENZA PRINCIPI MORALI SONO SOLO UNA SCENEGGIATA
Non è un Paese per primarie. Il vezzo di voler “fare l’americano” essendo “nati in Italì” è una delle molte cause della situazione difficilissima che sta vivendo l’Italia.
Moltissime “riforme” adottate in questo ultimo quarto di secolo, così altrettanti comportamenti organizzativi di partiti ed istituzioni non governative, sono state ispirate da istituti ed abitudini di stile anglosassone, spesso con risultati rovinosi.
E’ parecchio grave che i riformatori si lascino affascinare da strumenti esterni, senza considerare la società, la storia, l’humus nel quale detti strumenti esistono e funzionano. Dovrebbe essere chiaro che anche la più bella pianta di fiori non può germogliare se il clima e la terra dove viene piantata non sono adeguati alla sua conformazione biologica.
I Paesi anglosassoni sono fortemente influenzati da situazioni sociali particolari, tra le quali emergono in modo molto rilevante una forte concezione privatistica e mercatistica anche di istituzioni rappresentative, come i partiti politici, ma soprattutto un’etica derivante dal calvinismo secondo la quale il singolo cittadino deve comportarsi seguendo rigorosamente principi morali e di correttezza, nonché un rispetto totale ed assoluto per le istituzioni. Un insieme di elementi che fa sì che le primarie, negli Usa, siano una cosa estremamente seria, per quanto sempre più condizionate dai potentati economici che finanziano i candidati.
L’Italia ha una storia totalmente diversa. Per secoli e secoli i cittadini della Penisola si sono abituati non a rispettare le Istituzioni, ma ad aggirarle, perché lo Stato, la Polizia, l’Esercito, sono stati vissuti, in quanto tali erano, come elementi estranei, strumenti di dominio spesso stranieri. Inoltre, l’ordinamento giuridico dell’Italia, Paese di recente formazione, è ispirato non al mondo della common law, ma della regolazione codicistica di stampo francese. Infine, l’etica non è certo quella calvinista o protestante.
L’Italia delle elezioni, in fondo, è resta quella di Achille Lauro. La formazione del consenso segue ancora percorsi di scambio, non una consapevole formazione. Siamo ancora, per molte parti, quelli del “Franza o Spagna, purchè se magna”, come tali molto permeabili ad indirizzare il nostro consenso al miglior offerente, quando tale consenso non sia direttamente sotto il controllo del capo bastone.
Un pericolo, questo, che si è sempre manifestato nell’ambito delle elezioni politiche ed amministrative, sotto l’egida di regole e controlli rigorosi.
Era mai possibile immaginare che primarie aperte a tutti, senza una chiara regolamentazione, caratterizzate da competizioni asperrime tra candidati designati dall’alto e competitori convinti di avere un controllo locale dell’elettorato, non si traducessero in orde di cinesi pagati per votare persone che non conoscono, in schede bianche a migliaia inspiegabili, in un vero e proprio mercato del voto ai gazebo?
Si potrà dire che, in fondo, le primarie non hanno vizi di formazione del consenso diversi da quelli che, appunto, da sempre purtroppo caratterizzano la storia dell’Italia democratica. Può anche darsi. Ma, le primarie sono state propagandate come il simbolo del “nuovo”, come uno strumento della “rottamazione”, per far cambiare verso al Paese, renderlo più moderno e, quindi, lontano dai vecchi mali.
Poiché non è così, il fallimento costante delle primarie registratosi praticamente ovunque, appare maggiormente grave.