NON SEMPRE LA CONTA E’ QUEL CHE CONTA
Michele Ainis, costituzionalista ed editorialista del Corriere, sul giornale del 30 firma un intervento dal titolo “Se i politici aspettano le piazze” i cui contenuti dovrebbero destare molto allarme.
Con estremo garbo e lucidità, Ainis evidenzia la china presa dalla politica in maniera ormai decisa, senza quasi che ce ne fossimo accorti: una deriva verso il populismo ormai conclamata.
L’editoriale si riferisce al caso di attualità riguardante le adozioni e alla gara tra “family day” e “adunate arcobaleno” a quali manifestazioni siano in grado di portare in piazza il maggior numero di persone. Nell’intento piuttosto manifesto di orientare le scelte del Parlamento e della maggioranza, che, per altro, hanno ben volentieri delegato a questa sorta di mega talent show il compito di assumere una decisione sulle adozioni e sulla regolamentazione delle coppie di fatto.
Insomma, come in uno spettacolo televisivo, vince chi ottiene più applausi, o più luci accese o il maggior numero di telefonate.
E’ una concezione, questa, che con la democrazia non ha nulla a che vedere. Va benissimo per un festival canoro o una trasmissione alla ricerca di cantanti e ballerini, perché favorisce l’elemento di spettacolo della suspance, dovuto all’attesa della decisione della giuria: il meccanismo che per anni ha reso vincenti le serie televisive di stampo giudiziario, alla Perry Mason.
Ma, a guardare questi spettacoli sono solo minoranze; che, oltre tutto, col “voto” televisivo non decidono di diritti o regolazione del convivere civile, ma stanno al gioco e incoronano un vincitore di uno spettacolo, a volte senza nemmeno essere decisivi, in quanto si tratta di meccanismi di ratifica di decisioni già previste dai copioni delle trasmissioni.
Il sistema di delegare alla conta dei partecipanti a questa o quella manifestazione di piazza la verifica della decisione del popolo non porta democrazia, né porta lontano, ma anzi ricorda un passato da cui trarre l’insegnamento di tenere sempre lontano il populismo. Un passato fatto di “marce su Roma” o plebisciti napoleonici, o di imperatori romani “creati” da cortei di legioni armate.
Col rischio che si creino sistemi organizzati per indurre “spontaneamente” le persone a partecipare, condizionando favori di ogni genere alla disponibilità di darsi come numeri per la “conta”, quando non si creino strumenti incontrollabili di violenze per imporre il risultato della piazza.
Tutto questo appare un’anteprima sinistra al referendum-ordalia che si sta preparando sulla riforma della Costituzione. Un arretramento dei metodi democratici ormai evidente.