Non dire per non fare. Su Lupi Renzi con 4 sottosegretari indagati sceglie il silenzio
La corruzione nella pubblica amministrazione non è solo questione di fattispecie penale, cioè commissione del reato di corruzione. Lo spiega benissimo l’Autorità nazionale anticorruzione nel suo Piano nazionale anticorruzione, ove si legge che il concetto di corruzione di cui si occupa la legge 190/2012 ha un’accezione ampia ed è “comprensivo delle varie situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati. Le situazioni rilevanti sono più ampie della fattispecie penalistica, che è disciplinata negli artt. 318, 319 e 319 ter, c.p., e sono tali da comprendere non solo l’intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione disciplinati nel Titolo II, Capo I, del codice penale, ma anche le situazioni in cui – a prescindere dalla rilevanza penale – venga in evidenza un malfunzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite ovvero l’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo, sia che tale azione abbia successo sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo”.
Trincerarsi, dunque, dietro la circostanza che “non si è indagati” non è sufficiente, alla luce della legge anticorruzione, per giustificare comportamenti che cagionino il disvalore indicato dalla legge: il malfunzionamento della pubblica amministrazione, dovuto alla commistione di interessi privati con quelli pubblici.
Allora, poiché così stanno le cose, il gesto delle dimissioni del Ministro Lupi non pare da considerare la giusta e saggia decisione che conclude brillantemente il caso; simmetricamente, l’inerzia del premier Renzi, che non ha adottato un provvedimento diretto di revoca, non sembra il corretto sistema per rimediare ai fatti accaduti.
Si tenga presente che la normativa anticorruzione si compone di una serie di norme; oltre alla legge 190/2012, assume particolare rilievo il dPR (decreto del Presidente della Repubblica) 62/2013. A proposito del Rolex e del lavoro attribuiti al figlio dell’ex Ministro, può essere interessante la lettura dell’articolo 4, comma 2, di questo decreto: “il dipendente non accetta, per sè o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sè o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio, è’ da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell’ufficio ricoperto”.
La violazione di questa disposizione, per i dipendenti pubblici, conduce direttamente al licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Il problema, tuttavia, è anche questo: che la legge 190/2012, per la parte riferita alla prevenzione della corruzione, e il dPr 62/2013 si applicano solo ai dipendenti pubblici, ma non agli organi politici. Provate per curiosità a verificare se in tali norme esista un solo riferimento, anche per sbaglio, a ministri, presidenti di regioni, sindaci, assessori, consiglieri.
Tuttavia, gli organi di governo concorrono non meno dei funzionari e dipendenti alle decisioni ed all’operatività. Allora, in presenza di atti, anche non di rilevanza penale, tali da sviare la correttezza dell’azione amministrativa, come per i dipendenti è obbligata la strada del licenziamento, allo stesso modo per i politici obbligata dovrebbe essere la strada di un provvedimento espresso di revoca dell’incarico.
Troppo semplice è apparsa l’inerzia del premier Renzi, che ha atteso come atto volontario (un Lupi espiatorio potremmo dire in tempo di Pasqua…) l’offerta delle dimissioni, quasi che l’abbandono dell’incarico ricoperto fosse, da un lato, un gesto morale alla Socrate, mentre l’attesa un saggio atteggiamento salomonico.
La normativa anticorruzione dovrebbe estendersi apertamente a tutti i soggetti dotati di potere decisionale, compresa (e forse per prima) la politica, in modo che si adottino provvedimenti espressi di sanzione per chi adotti comportamenti corruttivi, pur se non necessariamente costituenti reati-
Il problema, per Renzi, è che se avesse adottato un provvedimento espresso di revoca per Lupi, altrettanto avrebbe dovuto nei confronti dei troppi sottosegretari in carica colpiti da indagini e rinvii a giudizio. Ma, evidentemente non poteva e, dunque, ha aspettato la “buona volontà” di Lupi.
Luigi Oliveri