LO STRANO RUOLO DI UN ASSESSORE ALLA LEGALITA’
I comuni sono noti per l’estrema fantasia nell’inventarsi assessorati di dubbia utilità, ma molto spesso istituiti per fini suggestivi. Sono molti gli esempi di assessorati “alla pace”, “al benessere”, “al sorriso” e via elencando una serie di concetti astratti oggettivamente più consoni alle dichiarazioni di intenti di una miss Italia.
Come si può capire, per altro, molte volte questi assessorati null’altro sono se non un nome, una segretaria e, forse, qualche convegno seguito da pochi adepti.
Uno degli ultimi esempi di assessorati di questa natura è stato quello “alla legalità” del comune di Roma. Nulla da dire sul principio: la legalità è, ovviamente, un valore fondamentale della società civile.
Tuttavia, non si può fare a meno di evidenziare che in quanto principio ed obbligo che incombe sull’attività di tutti i cittadini e a maggior ragione di tutta la pubblica amministrazione, la previsione di un assessorato alla legalità appare ridurre la legalità ad un problema da assessorato, come se si trattasse di decidere un piano per il commercio, o di asfaltare alcune strade. O, peggio, come se la “legalità” fosse un’incombenza di uno striminzito settore operativo, sicchè tutti gli altri uffici di un comune non debbano garantire la legalità, aspettando che sia l’assessorato a spiegare cosa fare per assicurarne il rispetto.
Oltre tutto, come ha spesso dichiarato lo stesso assessore “alla legalità” del Comune, Alfonso Sabella, l’assessorato era sostanzialmente coincidente con la sua persona. E di fatto l’azione dell’assessorato constava nell’impartire direttive che ricordavano agli uffici che vi erano leggi da rispettare. Come se il rispetto di una legge dipendesse dalla circostanza che un assessore ricorda che occorre rispettarla.
Per altro, l’assessorato è stato una sorta di doppione della struttura che ai sensi della legge Severino, la 190/2012, deve occuparsi di garanzia anticorruzione e, appunto, legalità, nei comuni affidata ai segretari comunali e, cioè, all’apparato amministrativo e non alla politica, proprio perché la politica è uno degli oggetti di attenzione delle misure anticorruzione.
La presenza, allora, di un assessorato come quello attivato a Roma conferma l’estrema confusione dei ruoli e la sostanziale inefficacia delle norme anticorruzione che, in effetti, poco hanno inciso per impedire o mettere sotto controllo la dilagante mala amministrazione della Capitale, per quanto essa risalga a decenni prima della vigenza della Severino.
Il tema è che la legalità non può essere garantita con leggi che impongono l’ovvio, cioè, rispettare le leggi, o fantasiosi assessorati che a loro volta ricordano agli uffici di rispettare le leggi.
E’ ovviamente possibile che l’azione delle strutture amministrative si discosti dalla legge: per dolo, colpa o semplice trasandatezza. E’ per queste ragioni che all’origine dell’organizzazione dello Stato si è previsto che la funzione amministrativa si distinguesse in tre parti: quella “attiva”, composta dagli uffici che adottano le decisioni (si tratta di quella maggiormente a rischio di illegalità); quella “consultiva” assicurata dagli uffici o anche dalle giurisdizioni (come Consiglio di stato o sezioni regionali della Corte dei conti) che prestano pareri a supporto dell’amministrazione attiva; infine, quella di “controllo”, composta da organi amministrativi il cui compito era quello di controllare che l’azione di amministrazione attiva fosse attuata nel rispetto delle leggi, prima che gli atti entrassero in vigore.
Da 25 anni a questa parte, la funzione di controllo preventivo è stata progressivamente demolita, fino ad essere annullata. Certo, i controlli non aiutarono a sventare Tangentopoli. Tuttavia, non sembra proprio che la loro eliminazione abbia sortito l’effetto di migliorare la situazione, specie se i comuni sono in qualche modo portati a supplire a queste carenze con assessorati improbabili, ma comunque “telegenici”. Tanto che chi ha svolto per pochi mesi la carica di assessore alla “legalità” adesso è tra i candidati al compito di commissario e sindaco in pectore.