LO SCONTRO CON LA GRECIA LACERA L’UNITA’ DELL’EUROPA
L’epilogo drammatico della crisi greca, che poi è la crisi della stessa Europa, rivela anche all’Occidente ricco i grossi guai dello scontro in atto tra finanza e democrazia. Allo stesso tempo, e per gli stessi motivi, si evidenzia il fallimento sostanziale del sogno di un’Europa unita, forte e democratica.
Lo scontro finanza-democrazia si è verificato più volte nel Mondo, ma non in Europa. Le politiche ultraliberiste imposte dal Fondo Monetario Internazionale quando ha concesso prestiti ai Paesi in via di sviluppo hanno quasi sempre accentuato diseguaglianze sociali, squilibri e inciso negativamente sui processi democratici.
Il problema è che questo avveniva in Paesi lontani e, comunque, dalle fondamenta democratiche molto spesso per nulla salde e con grandi problemi sociali e politici prima ancora che il Fmi mostrasse la faccia dura ed imponesse il pugno di ferro delle sue richieste di riforme. Dunque, in molti non si sono resi conto di quel che accadeva.
Ora, con la Grecia, le cose stanno in modo molto diverso. Le conseguenze delle politiche lacrime e sangue imposte dal Fmi come contropartita ai suoi prestiti sono chiare ed evidenti: recessione, aumento della disoccupazione, riduzione delle protezioni sociali. Insomma, un popolo chiamato a scontare la pena per aver suppostamente “vissuto al di sopra delle proprie possibilità”. Come se il prestito del Fmi fosse andato al popolo greco e non alle banche greche, anzi, ai creditori delle banche greche, cioè le banche tedesche e francesi. Le quali escono indenni da prestiti ed investimenti azzardati nella penisola ellenica, mentre un Paese e l’Europa ora sono oltre la soglia del caos economico.
Eppure, il Fmi era nato dopo la seconda guerra mondiale per accompagnare la ricostruzione post bellica e scongiurare, con i suoi prestiti, focolai di scontri nel Mondo, contribuendo ad evitare pericoli di una terza guerra mondiale. Una funzione solidaristica e di prevenzione, che si è progressivamente trasformata in espiazione economica per i destinatari dei prestiti.
La contropartita dei prestiti del Fmi è anche fortemente politica, pur essendo un’istituzione dell’Onu nella quale nessuno dei suoi componenti, a partire dal Christine Lagarde, direttore generale, è eletto da nessuno. Sostanzialmente, il Fmi finisce per imporre un ricatto ai Paesi ai quali concede prestiti: prestare consenso a formazioni politiche che esprimono governi disposti a cedere sovranità ed attuare le imposizioni del Fmi, in cambio di concessioni di carta bianca su politiche interne populiste per conservare consenso a questi “mandatari” del Fmi stesso; oppure, eleggere liberamente istituzioni capaci di garantire la sovranità e gli interessi del popolo, anche in contrasto con le ricette lacrime e sangue, a costo, però del fallimento del Paese.
Questa è la china della questione greca. Che rivela i paradossi nei quali si è cacciata la politica internazionale, la quale ha creato istituzioni come il Fmi e l’Unione Europea, nonché sistemi di mercato e moneta comune, del tutto incapaci di realizzare una crescita comune e solidale. Ue, Euro e Fmi, dal 2008 ad oggi, non hanno avuto alcuna capacità di impedire o correggere la recessione e stanno condannando la Grecia, culla della democrazia nel Mondo, al fallimento, dopo aver costretto i Paesi aderenti a compartecipare a prestiti elevatissimi (40 miliardi circa a carico dell’Italia) che, come rilevato sopra, sono andati alle banche franco-tedesche, mentre i greci letteralmente pativano la fame.
Non ci sarà, purtroppo, da stupirsi se la caduta finanziaria della Grecia sarà come il primo mattoncino capace di far crollare un’intera costruzione, come in un domino incontrollato, nel quale il pezzo finale a cadere non sarà la democrazia e nemmeno la crescita finanziaria, ma solo il buon senso.