LE SENTENZE DELLA CONSULTA NON SI DISCUTONO E SOPRATTUTTO SI APPLICANO NELLA LORO INTEREZZA.
Il Governo afferma di voler attuare la sentenza della Corte costituzionale 70/2015, ma nella realtà sta pensando sostanzialmente di violarla.
L’esecutivo si trincera dietro la constatazione che la sentenza non stabilisce né a chi restituire la rivalutazione delle pensioni bloccata nel 2013 e nel 2014 dal d.l. 201/2014, dichiarato incostituzionale, né quando.
Si tratta di argomentazioni, tuttavia, abbastanza speciose. Nel momento in cui la Consulta ha dichiarato incostituzionale il blocco della perequazione al costo della vita di tutte le pensioni superiori, nel lordo, a tre volte il minimo, la restituzione di quanto incostituzionalmente sottratto va necessariamente a beneficio di tutti i pensionati. Pensare, invece, di restituire tutto ad alcuni e solo qualcosa ad altri secondo una progressione inversamente proporzionale alle fasce di reddito pensionistico significa, semplicemente, violare la sentenza che, è bene ricordare, ha efficacia retroattiva: cioè è come se la legge Fornero, dichiarata incostituzionale, per questa parte non fosse mai stata in vigore.
Il Governo, dunque, potrebbe regolare ex novo la perequazione delle pensioni, ma con una legge nuova e diversa, nella quale eventualmente introdurre scaglionamenti come quelli ai quali sta pensando, ma solo per il futuro. Se applicasse tali scaglioni alla restituzione è come se applicasse una legge retroattiva appunto per violare le decisioni della Consulta.
Nel frattempo, il Governo comunque procede con estrema prudenza comunicativa. E’ singolare sottolineare come per il caso della restituzione ai pensionati di quanto spetti loro di diritto si stia prendendo tempo, contrariamente al precetto della velocità e del decisionismo.
Di fatto, l’esecutivo è perfettamente conscio che attuerà a metà (o, meglio, violerà) la sentenza della Corte costituzionale. Farlo sapere ufficialmente sotto elezioni non è prudente. Sicchè, tanto fu rilevante, lo scorso anno, la fretta di approvare il decreto sul bonus Irpef da 80 euro prima delle elezioni europee, così da avere le prime buste paga riportanti la cifra in bell’evidenza per i potenziali elettori, altrettanto forte è oggi la cautela ed il piede di piombo nell’adottare una decisione che potrebbe alienare i voti di parecchie centinaia di migliaia di pensionati.
A conferma che, purtroppo, molte volte la misura delle decisioni non è data dall’equità o dall’interesse collettivo che consegue, bensì dalle conseguenze sul consenso.