“E ADESSO VI TOLGO L’IMU”. RENZI SULLE ORME DI BERLUSCONI IN VISTA DELLE ELEZIONI.
Che Berlusconi non sia affatto finito e la sua cultura e modo di governare siano confluiti integralmente in Renzi e nella figura mitica del Renzusconi lo dimostrano ogni giorno di più i fatti.
Gli impegni proclamati dal premier nel corso della direzione del PD sabato 18 luglio hanno avuto per tutti il sapore de deja vu: “aboliremo l’Imu e le tasse per la casa”. Un ripasso del celeberrimo “meno tasse per tutti”, che in pochi riescono ormai a leggere senza abbinarvi le voci di Renzi, Berlusconi e Cetto Laqualunque.
La prevedibilissima uscita sull’abolizione dell’Imu, copia conforme all’originale, non è altro che l’ennesimo tassello ad una sequenza totalmente berlusconiana: la verticalizzazione del potere attraverso una riforma della Costituzione in ampie parti estremamente simile a quella che approvò la maggioranza berlusconiana nel 2005; l’Italicum che è la copia sbiadita e anche peggiore del Porcellum; il fastidio nei confronti dell’azione della magistratura, dalla Corte costituzionale alle procure penali; le intemerate contro le intercettazioni;gli “abbuoni” all’evasione fiscale di modica (?) quantità; lo scudo al rientro dei capitali. E via elencando.
Il Renzusconi, dunque, non poteva non replicare uno dei migliori pezzi del repertorio, l’eliminazione dell’imposta sulla prima casa. Idea che ogni volta che è stata attuata ha prodotto danni notevolissimi, oltre a non portare propriamente molta fortuna.
La prima volta si concretizzò, con l’abolizione Ici prima casa, nella primavera del 2008: il governo dell’epoca eliminò un gettito fondamentale per i comuni, agendo come l’orchestra del Titanic. In quegli stessi giorni scoppiava la crisi economica mondiale, negata e nascosta per mesi e mesi, perché i ristoranti erano pieni e non si trovava posto sugli aerei. Finchè non si giunse al novembre del 2011: il governo Monti introdusse l’Imu per coprire i buchi di bilancio creati da tre anni di eliminazione dell’Ici, incrementando il gettito a dismisura e facendo pagare agli italiani con gli interessi una decisione scellerata.
Non bastò. Nel 2013 la rilevanza di Berluscono nelle “larghe intese” imposte dal Quirinale indussero il governo Letta ad eliminare nuovamente l’Imu sulla prima casa, creando un buco da 13 miliardi alla cui copertura il debolissimo esecutivo dedicò la grandissima parte del proprio tempo e delle proprie energie, innescando la soap opera della riforma Ici-Imu-Iuc-Tari-Tasi. Che è sfociata in un ulteriore buco per i comuni e un aumento spaventoso delle imposte non solo per le case, ma soprattutto per gli insediamenti produttivi e i terreni agricoli.
Dunque, la prospettiva dell’ennesimo intervento sull’imposta sulla casa (a parte che si tratta di impegni “a futura memoria”, cadenzati in relazione alle prossime scadenze elettorali) non dovrebbe lasciare troppo tranquilli.
Eliminare l’Imu significherebbe chiedere ai comuni un taglio alle proprie entrate e connesse spese di circa 12 miliardi. E’ perfettamente noto che da circa 15 anni lo Stato con varie leggi finanziarie innesca con i comuni una pantomima fastidiosa: taglia trasferimenti ai comuni, ma permette loro di incrementare le tasse locali, cresciute tra il 2001 e il 2011 del 50% (da 22 miliardi a 33 miliardi di gettito). E quando taglia anche le entrate da imposte locali, lo Stato deve reperire da altre parti fondi per risarcire i comuni, refrattari a qualsiasi reale taglio della propria spesa. Infatti, il governo Letta previde le “clausole di salvaguardia”, cioè aumenti enormi di Iva e accise, anche a copertura del pastrocchio Imu.
Con un Pil sempre calante, l’economia ferma, il debito pubblico che sfonda la soglia dei 2.200 miliardi di euro, è evidente che non vi è alcuna possibilità di coprire finanziariamente l’eliminazione dell’Imu e che tutto si risolverebbe in una gigantesca partita di giro a risultato zero: quello che le famiglie e le imprese non pagherebbero in imposta comunale sugli immobili, lo pagherebbero e probabilmente con gli interessi, in altro modo.
E’ evidente, tuttavia, che la storia, anzi, la cronaca recente, recentissima, non servono a nulla. Proprio le manovre sulle imposte sulle case, tutte finite in fallimenti epocali, dovrebbero insegnare che il governo non è un insieme di slogan o interventi spot, tipo gli 80 euro. Certo, però, che se lo stile Renzusconi paga in termini di consenso elettorale, chi governa adottando tale stile tanto torto non ha.