CAMPANIA SOSPESA IN ATTESA DELLA MODIFICA ALLA SEVERINO
Il decreto del Tribunale di Napoli che sospende cautelarmente gli effetti della sospensione dalla carica del neo eletto presidente della regione Campania sembra aver prodotto un vero primo effetto: accelerare il processo di modifica della legge Severino e far disperdere la brutta sensazione che tale modifica possa essere una “legge ad personam” per Vincenzo De Luca.
Di sicuro, la pronuncia del Tribunale produce un ulteriore elemento di caos, considerando che essa è la sospensione di una sospensione e che il caso è tutt’altro che chiuso, dal momento che in autunno vi sarà la pronuncia definitiva (il decreto di sospensione rinvia a novembre la decisione definitiva), nonché la decisione sulla legittimità costituzionale della legge Severino.
Di sospensione in sospensione, dunque, in Campania si sta davvero come color che son sospesi, mentre l’ordinamento giuridico nel suo complesso viene vulnerato da una condizione di incertezza oggettivamente inaccettabile, posto che compito di un ordinamento giuridico è proprio dare certezza alle regole da seguire.
Tutto questo caos è, ovviamente, più che sufficiente per lasciar affermare che occorre modificare la sua presunta “fonte”, cioè la legge Severino. Lo ha scritto, ad esempio, il costituzionalista Michele Ainis sul Corriere del 3 luglio; lo ha ribadito sulla stampa Raffaele Cantone, che già da mesi sostiene la necessità di modificare la legge Severino.
Probabilmente, la legge è scritta male, visto il cortocircuito interpretativo scatenatosi. Sta di fatto che un elemento della Severino è chiarissimo: quello di impedire di svolgere cariche politiche a persone che abbiano commesso reati, accertati con sentenze almeno di primo grado (nel caso degli amministratori locali). Un principio piuttosto ovvio, che andrebbe rispettato non tanto sul piano legale, quanto su quello comportamentale in primis dai partiti, sui quali incomberebbe un obbligo etico, prima ancora che giuridico, di selezionare i candidati in modo da evitare possibili conflitti di interessi o situazioni giuridiche paradossali come quella in atto.
Sta di fatto che il principio generale della Severino è stato sacrificato a favore dell’altro principio della libertà di ogni cittadino di esercitare il diritto di candidarsi, laddove una legge non glielo impedisca in modo chiaro e univoco.
Il Tribunale di Napoli ha evidentemente ritenuto che il diritto di De Luca ad insediarsi come presidente della regione non fosse stato negato in maniera limpida dalla legge.
Da qui può scattare una sequenza che farebbe tutto sommato molto comodo: partire dalle ragioni del decreto di sospensione della sospensione di De Luca ed utilizzarle per promuovere una riforma della legge Severino, nelle more della pronuncia della Consulta, tale da rimuovere i dubbi operativi che hanno indotto il Tribunale di Napoli ad adottare la propria decisione.
Molto probabilmente, la riforma della Severino finirebbe per cancellare l’ipotesi di ineleggibilità incombente su De Luca, sanando così la situazione, ma senza destare l’impressione di dare vita ad una legge per lo specifico caso. Nel frattempo, la regione Campania potrebbe comunque funzionare almeno fino al prossimo autunno.
Apparenza e sostanza risulterebbero salvate e, almeno, si risolverebbe la situazione di caos attuale: a quel punto, sarebbe interessante guardare con attenzione ai possibili futuri sviluppi di carriera del giudice di Napoli che ha emesso il decreto.
Resterebbe un solo punto: la posizione di Silvio Berlusconi. Una riforma della Severino tale da riammettere con piena legittimità e senza alcun dubbio De Luca nelle funzioni di presidente, può contestualmente non portare alla revisione della decadenza dell’ex presidente del consiglio?