BARATTO COSTITUZIONALE. TI ELEGGO IL SENATO SE MI VOTI L’ITALICUM
Il Senato può rimanere elettivo. L’ultima offerta di Renzi alla minoranza del Pd, finalizzata a mediare per ottenere il voto favorevole sull’ “italicum” in bilico, lascia oggettivamente sgomenti.
E’ da un anno che il Parlamento è tenuto sotto scacco e quasi immobilizzato dalla riforma della Costituzione, incentrata in particolare proprio sulla riforma del Senato. Da mesi e mesi si parla del “superamento” del bicameralismo perfetto, che nella realtà, a giudicare dal testo della riforma lascia il bicameralismo rendendolo particolarmente imperfetto. Infatti, il Senato parteciperebbe al processo legislativo in oltre 20 diverse forme e procedure. Rimanendo, dunque, compartecipe alla funzione legislativa, sia pure in modo spurio.
L’elemento maggiormente dirompente della riforma del Senato, dunque, sarebbe esattamente l’eliminazione dell’elettività dei suoi componenti, ripetendo l’esperimento già svolto con le province e le città metropolitane, che non sono state abolite, mentre abolito è stato il diritto dei cittadini di eleggere i rappresentanti di tali enti.
Per mesi ci si è accapigliati in Parlamento e, soprattutto, fuori dal Parlamento, al Nazareno, a Palazzo Chigi ed in altre sedi anche private, nelle quali sono stati stipulati e poi disdetti patti ed accordi volti a fare le “riforme”.
Eppure, è bastato che la minoranza del Pd, in questi mesi fortemente caratterizzata per la sua estrema remissività e la poca credibilità della sua “opposizione”, alzasse leggermente la flebile voce, perché la riforma del Senato diventasse oggetto di trattativa, ai fini della legge elettorale.
Come se le “riforme” fossero una sorta di merce di scambio in un bazar legislativo e costituzionale, nel quale, a ben vedere, va bene tutto. Tutto, purchè le segreterie dei partiti possano contare sullo strapotere di decidere chi mettere in lista ed abbassare le soglie per l’ottenimento della vittoria, a colpi di premi di maggioranza spropositati e senza paragoni nelle democrazie occidentali.
Lo scambio legge elettorale-elettività del Senato paventato dal Premier conferma la sensazione fortissima che il Governo e le maggioranze variabili ed incerte sulle quali si regge abbia l’obiettivo di fare le “riforme” tanto per farle. Per dare, cioè, la sensazione del tanto sbandierato rinnovamento che farebbe risvegliare l’Italia “bella addormentata”, ma prescindendo totalmente dall’analisi dei contenuti, dell’impatto, delle conseguenze. E la riforma delle province, causa di un caos amministrativo senza precedenti è lì a dimostrarlo. Immaginiamo soltanto cosa accadrebbe se un modo tanto superficiale e sgangherato di fare le “riforme” si ripetesse al livello di Stato e Costituzione.
Assistiamo per altro a questo balletto sulle “riforme” che ha tenuto il Parlamento bloccato e in continua fibrillazione, mentre l’Italia è ancora pienamente immersa nella crisi economica, talmente tanto che anche un inesistente “tesoretto” di viene oggetto di brame, come se potesse bastare davvero, anche se ci fosse sul serio, a risanare l’economia.
La disponibilità al dialogo sul Senato elettivo dimostra, comunque, che la riforma sin qui disegnata è tutt’altro che rigorosa, visto che può essere oggetto di compromessi e scambi su argomenti legati, sì, alla Costituzione, ma non facenti parte di essa, come la legge elettorale.
Sarebbe, allora, il caso di decidere una volta e per sempre quali sono le priorità. Ritenere davvero che lo siano la legge elettorale e la riforma del Senato, visto quel che accade, appare solo una forzatura.