AVREBBE CERCATO DI FAVORIRE IL FIDANZATO LA MINISTRA GUIDI SI DIMETTE
La vicenda del Ministro Guidi, costretta alle dimissioni per le ingerenze sulla normativa riguardante l’attività di estrazione petrolifera, dovrebbe contribuire a chiarire una volta per tutte cosa si intende per “lobbismo”.
Le lobby sono centri di potere, non occulto, ma estranei alle istituzioni, perché non legittimati dalla rappresentatività popolare, che, tuttavia, attraverso l’operato di propri “emissari” finiscono egualmente per operare dentro le istituzioni, condizionandone le scelte.
Di “occulto”, dunque, non è l’organizzazione, ma il modo col quale si formano le decisioni. Esse, invece di essere prese dagli organi istituzionali, sulla base di un indirizzo politico formato dalla maggioranza e dell’apporto tecnico degli uffici, sono prese altrove: negli uffici dei potentati economici e bancari, che creano un proprio indirizzo operativo e cercano di farlo passare, sovrapponendolo a qualsiasi mandato elettorale, attraverso gli emissari della lobby.
A dirla in breve si tratta di niente altro se non di “conflitto di interessi”, parole quasi impronunciabili in un Paese che da anni ha rinunciato a disciplinare questa materia. E i risultati si vedono, ogni giorno.
In fondo, la questione della Guidi non è poi così diversa da altri casi evidentissimi di lobbismo o, comunque, di opacità dell’attività amministrativa: le 4 banche andate a gambe all’aria con le implicazioni dell’altro Ministro Boschi; la riforma appunto delle banche che ha introdotto salvaguardie ai consiglieri di amministrazione non previste dalla disciplina europea che, pure, si afferma essere stata attuata con la riforma; l’eliminazione del reato della frode fiscale tentata a dicembre del 2014 dalla famosa “manina” che non si è mai trovata.
L’opacità è figlia delle lobby e il loro potere è, ovviamente, tanto più ampio quanto meno i poteri politici hanno da rispondere ad un elettorato e ad un programma elettorale. La questione che ha portato la Guidi alle dimissioni è emblematica: un emendamento ad una legge tagliato su misura delle esigenze del proprio fidanzato e proposto in una commissione parlamentare alle 4 di notte, poi cancellato grazie alla buona guardia delle opposizioni, ma ripresentato alla chetichella poco tempo dopo, con la legge di stabilità del 2015. E non si deve dimenticare che quella legge, come tantissime altre, è stata votata sulla base di un maxiemendamento blindato dal voto di fiducia: maxiemendamento che conteneva la norma “incriminata”.
Forse non tutti i decreti legge approvati con maxiemandamenti e voti di fiducia sono originati da esigenze di lobby. Purtroppo, occorre, però, premettere il “forse”. La presenza delle lobby nel Governo è molto chiara ed evidente: la Guidi, con Poletti e con Lupi hanno rappresentato le esigenze datoriali di industrie, Confindustria e cooperative. Ed hanno garantito l’approvazione di riforme del lavoro anch’esse scritte ed elaborate fuori dal Parlamento, avendo come fonte sostanzialmente una proposta confindustriale quasi copiata in ogni sua parte.
Riforme che riducono la rappresentatività, come quella dell’Italicum, quella del Senato o anche quella delle province, non sono il rimedio all’opacità delle lobby e degli emendamenti notturni ad personam, ma, all’opposto, sono funzionali a mettere definitivamente a sistema un lobbismo che si fa Governo. Ma, le lobby non perseguono interessi generali, non è il loro mestiere.