TAGLI ALLA SPESA E MENO TASSE. UN BALLETTO DI CIFRE CHE SA DI PROPAGANDA.
La manovra finanziaria che si va delineando appare sempre più un misto tra partite di giro contabili e incremento incontrollato del deficit, che, tradotto in altri termini, significa incremento ulteriore del debito pubblico.
Per tutta l’estate si è continuato a favoleggiare dell’ennesima miracolosa “spending review” da 10 miliardi di euro, a fronte, però, di una manovra che solo per disinnescare gli aumenti di Iva e accise di miliardi dovrebbe reperirne 19, che diventano quasi 22 considerando la necessità di coprire la maggiore spesa per i rimborsi ai pensionati a seguito della sentenza della Consulta che ha bocciato il blocco delle indicizzazioni delle pensioni deciso da Monti, le minori entrate dal sistema del reverse charge e i soldi (pochini) che il Governo sarà costretto a stanziare per un simulacro di nuova contrattazione collettiva destinata ai lavoratori pubblici, conseguenza anch’essa di una sentenza della Corte costituzionale.
La cifra della manovra sale ancora, perché in ballo c’è il taglio di circa 5 miliardi di euro, dovuto all’eliminazione di Imu e Tasi sulle prime case, motivo dominante dell’estate sui giornali e i media.
Ma, questo taglio delle imposte locali sulla casa non sarà un modo per finanziare l’ingentissimo valore della manovra. Solo apparentemente l’eliminazione delle imposte locali sulla prima casa sarà un beneficio per i contribuenti. Il perché è presto detto: l’Anci, l’associazione nazionale dei comuni, molto vicina al Governo, ha detto chiaro e tondo che i comuni non intendono rinunciare ai 5 miliardi di entrata presi di mira. E, puntualmente, il premier si è formalmente impegnato a mantenere intatto il livello delle entrate e delle spese comunali, qualcosa come 66 miliardi l’anno. Un taglio reale delle entrate varrebbe il 7,6% della spesa dei comuni, ma nonostante la chiara sostenibilità di simile ritocco al ribasso i comuni non ne vogliono sapere.
Sicchè, sarà lo Stato a compensare i 5 miliardi in meno di tasse comunali, attraverso finanziamenti che erogherà ai comuni. Ma, siccome le risorse dello Stato derivano comunque dalle tasse che pagano tutti, ecco la partita di giro: nella realtà le tasse sui patrimoni immobiliari saranno pagare indirettamente e senza che nessuno se ne accorga, in parte, dalla fiscalità generale, cioè da vari prelievi tributari di altra natura. Col paradosso che contribuiranno indirettamente a sostenere l’imposizione immobiliare anche coloro che non hanno proprietà immobiliare alcuna.
L’altra parte per finanziare questi 5 miliardi, ma sostanzialmente il grosso della manovra che si profila, è un’altra partita di giro che alla fine rischia molto seriamente di tradursi in un incremento ulteriore delle tasse, anche se più in là negli anni: si tratta della cosiddetta “flessibilità di spesa”, concessa da Bruxelles e che il Governo vuole espandere. E’ la possibilità di incrementare la percentuale del deficit. Per essere estremamente chiari: si tratta della banalissima idea di allargare la spesa pubblica senza garantire il pareggio tra entrate e uscite, quindi con maggior deficit.
Ma, il maggior deficit genera debito, che a sua volta fa crescere la spesa per interessi, gravante per circa 70-80 miliardi l’anno sulla spesa pubblica. Il rischio è che se la crescita economica non risulti costante e sostenuta, alla fine le clausole di salvaguardia (cioè maggiori tasse) che si disinnescano nel 2016, entreranno in funzione più in là.
Quando? Il Governo da questa estate promette a gran voce che ridurrà le tasse (ma si è visto che nel caso dei comuni è solo un giro contabile) per 50 miliardi, partendo appunto dalla casa, per andare nel 2017 a ridurre l’Irap e le altre imposte gravanti sulle imprese e ridurre, alla fine, l’Irepef nel 2018. Anno, guarda caso, delle elezioni. Troppo evidente che basterà tenere duro per 2 anni e pochi mesi con l’incremento del deficit e le partite di giro, per poter contare nel 2018 sul “dividendo” elettorale di riduzioni di tasse apparenti. Il problema è che, subito dopo, qualcuno quel deficit dovrà saldarlo.