SPENDING REVIEW :TRA IL DIRE E IL FARE C’E’ DI MEZZO PEROTTI.
Cosa ci sta a fare esattamente Roberto Perotti nella struttura che proverà, per l’ennesima volta, ad attivare la revisione della spesa nell’amministrazione pubblica?
E’ noto che l’economista della Bocconi è incaricato dal premier, insieme col suo consigliere economico Yoram Gutgeld, di vestire nuovamente i panni che furono di Carlo Cottarelli ed Enrico Bondi.
L’incarico a Perotti è non solo il frutto di conoscenza e stima personali tra il professore ed il premier, ma anche conseguenza degli innumerevoli articoli e lavori che l’economista ha dedicato appunto alla possibilità di effettuare vari tagli alla spesa.
In effetti, Perotti ha alimentato quel vero e proprio genere letterario che domina media e pubblicistica, dedicato alla spesa pubblica, di grandissima presa, variamente oscillante tra espressioni come “e io pago” o “la casta”, ma dal sapore non troppo vagamente populista. Perotti, a onor del vero, ha almeno tentato di affiancare allo strillo sulla spesa anche suggerimenti per intervenire e razionalizzarla.
Proprio per questo, l’intervista rilasciata domenica 29 marzo al Corriere desta sorpresa e induce a porsi al domanda iniziale. Qualche esempio. La fama anche mediatica di Perotti è principalmente dovuta a due argomenti: il costo della politica ed il costo delle istituzioni, non da ultimo quello delle province.
Puntualmente, l’intervistatrice, dunque, chiede a Perotti se e come intenderà intervenire in merito, posto che ha più volte teorizzato di poter risparmiare 1 miliardi sui 2,5 stimati di costo. La risposta di Perotti è spiazzante: “Mettiamola così: quella dei tagli alla politica è una questione di altissimo valore simbolico per la gente e bisogna lavorarci ma non è lì che si trovano le risorse”.
Ma, se non è nei costi della politica (in effetti pari allo 0,30% del totale della spesa pubblica) che si trovano le risorse, allora perché l’impegno di Perotti, di anni, nello studiare come tagliarli e, dunque, lasciare intendere che, invece, il taglio su tali costi fosse fondamentale? E perché, ora che è incaricato dal Governo, rinuncia a questa voce “simbolica”?
Non diverso l’atteggiamento sulle province. Alla sollecitazione dell’intervistatrice, che rileva come fin qui risparmi se ne siano visti pochini, Perotti ribatte: “La strada è ancora lunga: è una riforma complicata”. Ma, allora perché insistere su una strada lunga e complicata, che vale l’1,14% della spesa pubblica totale, come fosse la via per Damasco?
Vediamo, allora, se Perotti almeno intende recuperare il piano di Giavazzi, di circa 14 miliardi di tagli per sussidi alle imprese? Macchè: “Dipende: dei 10-14 miliardi del rapporto Giavazzi la stragrande maggioranza erano trasferimenti alle ferrovie e lo stock di certi fondi in parte ridotto dall’ex ministro Passera”.
L’intervistatrice perde le speranze, quando chiede se intendono affrontare il taglio delle detrazioni/deduzioni Irpef. Perotti non lascia troppi ottimismi: “Eventualmente per razionalizzarle. Ma è un capitolo complicato, richiede tempo”. Pensioni, allora? Sulle pensioni Perotti da sempre suggerisce il taglio di quelle più elevate. Niente da fare: “La decisione politica è non riaprire questo capitolo”.
Torniamo alla domanda iniziale. Cosa Perotti stia a fare esattamente nella struttura attivata per la spending review se l’attenzione del Governo non è per le idee che l’economista ha sempre propugnato e se alcune delle spese che egli ha sempre considerato di interesse risultano solo simboliche, non è dato comprendere fino in fondo. Ma, probabilmente occorrerà dargli tempo.
Una cosa appare, tuttavia, chiara: una ricca pubblicistica per dare fiato alla vox populi su casta e argomenti simili dà estrema notorietà e opportunità di incarichi prestigiosi; ma, tra il dire e il fare, e, soprattutto, il fare coerente col dire, passano sempre oceani.