SENTENZA A SALVE DELLA CONSULTA . INCOSTITUZIONALE IL BLOCCO DEI CONTRATTI MA NESSUN EFFETTO RETROATTIVO.
La Corte costituzionale questa volta “salva” il Governo. Il blocco che dura da ben 6 anni della contrattazione nel lavoro pubblico è stato dichiarato sì incostituzionale, ma senza decorrenza retroattiva.
La sentenza, temutissima, ha risparmiato, dunque, al Governo il compito di reperire immediatamente circa 35 miliardi per rifondere ai dipendenti pubblici gli arretrati maturati negli anni del blocco della contrattazione.
Ovviamente, a Palazzo Chigi hanno accolto con un respiro di sollievo molto forte l’annuncio dal Palazzo della Consulta, che risparmia un salasso di spesa pari a 2 punti del Pil ed il rischio di sforare e di molto il rapporto deficit/pil, nonché l’ulteriore rischio di dire definitivamente addio alla cancellazione dell’aumento di Iva e accise, che incombono sempre come “misure di salvaguardia” per la tenuta dei conti pubblici.
La sentenza della Consulta, se fa salvi i 6 anni di mancati rinnovi dei contratti, indica però al Governo che la prassi instaurata di tenere congelati gli stipendi dei lavoratori pubblici non può più essere reiterata in futuro.
Questo significa, allora, che i dipendenti pubblici possono aspettarsi ora e subito un rinnovo contrattuale, per una spesa quantificabile in circa 3-5 miliardi?
Gli effetti della sentenza della Consulta non autorizzano questa conclusione. La decisione, infatti, dichiara illegittima la prassi di tenere bloccati i trattamenti economici pubblici. Ma, questo non basta assolutamente a mettere in opera un automatico incremento contrattuale.
Proprio perché il trattamento economico della maggior parte dei lavoratori pubblici è contrattualizzato, gli aumenti possono scattare esclusivamente se le parti sottoscrivano un rinnovo che li preveda e quantifichi.
Allora, l’effetto della sentenza della Consulta è, insieme col divieto di reiterare norme che blocchino la contrattazione, l’obbligo per il Governo di stanziare nel bilancio dello Stato le risorse necessarie ai rinnovi della contrattazione nazionale collettiva e l’ulteriore obbligo di sedersi al tavolo delle trattative. Ma, fino alla stipulazione del rinnovo contrattuale, nessuna spesa sarà ammissibile e nessun incremento potrà essere deciso.
Il primo passo che dovrà fare il Governo, allora, sarà quello di reperire le risorse necessarie per stanziare nel bilancio quanto occorra per sostenere economicamente i contratti. Difficile che nel 2015 possano scattare aumenti per i dipendenti pubblici, perché verosimilmente le risorse necessarie saranno reperite con la legge di stabilità, dunque a fine anno.
Solo dopo scatterà la procedura di contrattazione. Ma, anche il 2016 potrebbe passare via senza alcun incremento contrattuale. E’, infatti, storia di ogni tornata di rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro che le trattative sono sempre lunghe mesi e mesi, anche perché i contratti, prima di essere definitivamente sottoscritti e diventare efficaci, debbono superare complessi controlli della Corte dei conti.
Di fatto, dunque, verosimilmente nessuna nuova spesa per l’erario sarà conseguente alla sentenza della Consulta prima del 2017.