PENSIONI: SENZA SOLDI LA FANTASIA NON SERVE
La ricerca di riforme senza disponibilità di denaro produce idee oggettivamente di difficile attuazione.
Il Governo, nell’intento di captare o mantenere un consenso difficile perché, al di là dei continui annunci ottimistici di “ripresa” la crisi resta profondissima, continua a cercare iniziative “popolari”, di, almeno apparente, alleggerimento del rigore.
Il problema è che produrre questi effetti con deficit o incrementi della spesa pubblica, come avvenuto per il caso dei famosi 80 euro, è una missione praticamente impossibile.
Così, l’idea di modificare gli effetti perversi della riforma-Fornero delle pensioni finisce per sbattere contro la dura realtà dell’assenza di disponibilità di risorse pubbliche, per sostenere gli effetti economici di una riduzione dell’età pensionabile.
Quando si sbatte contro la realtà, allora è necessario far lavorare la fantasia, che almeno stando alle proposte che circolano sui media finalizzate alla soluzione del problema, appare molto ma molto fervida.
L’idea dell’ultima ora consiste nel prevedere che le aziende anticipino ai dipendenti che si collochino in pensione prima delle scadenze imposte dalla riforma-Fornero un “prestito”, volto a coprire la penalizzazione che subirebbero collocandosi in quiescenza prima del tempo. Poi, il pensionato restituirebbe il prestito all’Inps, attraverso trattenute all’assegno pensionistico; l’Inps e le aziende anticipatrici, inoltre, regolerebbero con i loro specifici rapporti finanziari la restituzione di quanto l’azienda avrebbe anticipato al lavoratore.
Già sintetizzata così, l’idea appare piena di problemi attuativi rilevantissimi. Ma, al di là delle questioni tecniche, comunque superabili, evidentemente agli ideatori sfugge un piccolo particolare: la crisi è così presente e profonda, che le imprese hanno serissime carenze di liquidità e, comunque, di disponibilità, perché le banche non anticipano e i clienti non pagano o lo fanno con ritardi abissali.
Appare oggettivamente paradossale immaginare che queste stesse aziende, impossibilitate ad investire e talvolta costrette a contratti di solidarietà, Cassa integrazione e licenziamenti proprio per problemi di liquidità e produzione, abbiano la forza di anticipare liquidità a dipendenti che intendano andare in quiescenza, ai quali, per altro, debbono anche restituire il Tfr, erogazione per via di cassa che comporta un rilevante sacrificio.
Oltre tutto, poi, i dipendenti pensionati anticipatamente, col sistema immaginato finirebbero comunque per pagare di tasca propria, sia pure avvalendosi di prestiti e rateizzazioni, il differenziale contributivo. C’è da aspettarsi che il meccanismo, complicatissimo, funzioni?