NON C’E’ BOOM OCCUPAZIONALE. HA RAGIONE L’ISTAT E IL MINISTERO CORREGGE I DATI.
Alla fine nella guerra dei numeri tra Ministero del lavoro e Istat ha perso il Ministero. Il 25 agosto era stato pubblicato il solito trionfalistico comunicato mensile relativo ai dati delle “Comunicazioni Obbligatorie”, cioè delle comunicazioni delle assunzioni e cessazioni che le imprese sono obbligate ad inviare ai sistemi informatici del Ministero.
Le tabelle pubblicate il 25 agosto e relative ai primi sette mesi del 2015 avevano riportato un saldo fantasmagorico: 4.954.024 assunzioni a fronte di 2.622.171 cessazioni. Un saldo da economia in boom, completamente inconciliabile con le proiezioni dell’Istat.
Anche su queste pagine abbiamo ripetutamente messo in guardia, evidenziando che qualcosa non andava.
Purtroppo, era davvero così. I dati erano sbagliati e in via Veneto il 26 agosto sono corsi ai ripari con una nota di correzione di quanto indicato il giorno prima, da cui si evincono cifre completamente diverse. Le attivazioni (o assunzioni) sono state per 5.150.539 contratti, ma le cessazioni sono state 4.014.367, quasi il doppio di quelle inizialmente indicate.
Risultato: niente boom del saldo tra assunzioni e cessazioni. E se si guarda ai soli dati di luglio si nota che i nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato attivati hanno toccato cifra 137.826, a fronte di 137.779 cessazioni sempre di lavori a tempo indeterminato. Dunque, solo 47 nuove attivazioni in più.
Il confronto con i dati del 2014 evidenzia che il mercato del lavoro è fermo e che non c’è stato alcun benefico effetto del Jobs Act. Si registra solo un incremento del numero delle attivazioni di lavori a tempo indeterminato rispetto a quelli flessibili (il 18% del totale, a fronte del 13,9% del 2014), effetto, questo, determinato dagli sgravi contributivi per le nuove assunzioni, concessi dalla legge di stabilità 2015. Ma, adesso, la correzione ai dati sbagliati operata dal Ministero conferma quanto le rilevazioni Istat avevano già fatto comprendere: il maggior numero di contratti a tempo indeterminato non corrisponde a nuovi posti di lavoro; si tratta per lo più di stabilizzazioni di contratti flessibili. Gli sgravi, insomma (come il Jobs Act) non hanno aiutato per nulla ad incrementare il numero degli occupati.
Abbiamo scritto che nella guerra dei numeri ha perso il Ministero del lavoro. Ma, è più corretto dire che hanno perso i cittadini. Da mesi, il Ministero ed il Governo inondano i media di informazioni alterate, tutte finalizzate a lasciar credere a miracolistici effetti delle riforme. Purtroppo, la realtà prima o poi emerge sempre, soprattutto quando si parla di numeri, e finisce per travolgere ogni azione di propaganda, svelandola per quella che è.
La cosa piuttosto grave è che dal Ministero del lavoro e dal Governo non trapeli alcun segnale di irritazione nei confronti di chi si sia reso autore di un errore talmente clamoroso, come quello commesso nel computo delle attivazioni. Si può, dunque, stare certi che nessuno pagherà pegno. Il perché è evidente: chi ha computato i dati per compiacere ill Ministro e il Governo ha agito, evidentemente, in stretta sinergia ed intesa con essi, per dimostrare di meritarsi la loro “fiducia”.