GLI 8O EURO DI RENZI NON HANNO RIDOTTO LE IMPOSTE MA HANNO AUMENTATO LA SPESA.
Nel 2014 la pressione fiscale è salita dello 0,1% rispetto al 2014, passando dal 43,4% al 45,5%.E’ ancora una volta l’Istat a recitare la parte del “gufo” o, meglio, a riportare al centro dell’attenzione i dati reali, invece della propaganda che dispensa ottimismo ad ogni costo e, purtroppo, in contrasto con la realtà dei fatti.
Per tutto un anno il Governo ha insistito con l’assicurare famiglie, imprese e cittadini che le manovre economiche e fiscali, insieme con le riforme attivate, avrebbero colto il risultato di ridurre la spesa e il deficit, nonché la pressione fiscale.
Niente di tutto ciò risulta confermato dall’analisi dei dati dell’Istat. Il comunicato reso pubblico il 2 aprile sul punto è estremamente preciso: “Nel complesso del 2014, le uscite totali sono aumentate dello 0,8% rispetto all’anno precedente e il corrispondente rapporto rispetto al Pil è stato pari a 51,1% (50,9% nel 2013); le entrate totali sono aumentate dello 0,6%, con un’incidenza sul Pil del 48,1% (+0,1 punti percentuali rispetto al 2013). La pressione fiscale è risultata pari nel 2014 al 43,5%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto all’anno precedente”.
In poche righe, tre elementi che smentiscono tutta la narrazione fin qui offerta delle manovre e delle riforme. La spesa pubblica continua inarrestabile ad aumentare: nessuna riforma, come quella tanto propagandata delle province, né l’intervento sulla spesa per i contratti di appalto della primavera del 2014, né l’aggregazione degli enti appaltanti, è servita a fermare la corsa della spesa. Simmetricamente, anche le entrate sono aumentate, cosa necessaria per sostenere la crescita senza sosta della spesa. Ulteriore conseguenza: la pressione fiscale, aumentando la spesa, non poteva che crescere a sua volta.
L’anno 2014 è importante. Non si deve dimenticare che fin dal maggio dello scorso anno il Governo ed il Parlamento hanno innestato la misura ormai famosissima degli 80 euro. Tutti gli esponenti del Governo e della maggioranza hanno sempre, sin qui, affermato che si è trattato di una delle più grandi operazione di riduzione delle imposte, e per questo è stata replicata anche nel 2015.
L’Istat dimostra che non è così. L’erogazione degli 80 euro non è affatto una riduzione delle imposte, bensì vera e propria spesa corrente nuova ed aggiuntiva. Infatti, nel bilancio è contabilizzata come “prestazioni sociali in denaro”, cioè trasferimenti, contributi che lo Stato dà ai lavoratori dipendenti con reddito fino a 26.000 euro l’anno.
Proprio perché si tratta di spesa pubblica vera e propria (nel 2014 è stata pari a 6 miliardi, che salgono a 10 nel 2015), non c’è affatto stato l’effetto di riduzione delle imposte. Al contrario, allo scopo di sostenere l’aumento della spesa, sono state ritoccate varie imposte, in particolare quelle locali e le accise, così da consentire che all’aumento della spesa corrispondesse una simmetrica entrata.
L’effetto finale, dunque, degli 80 euro non è affatto stato quello ridurre le imposte ai cittadini, ma, al contrario, di redistribuire il maggior gettito fiscale prelevato da tutti i contribuenti, per assegnarlo solo ad una parte di essi, appunto i destinatari degli 80 euro. I quali, comunque, a loro volta hanno subito gli incrementi delle imposte. E questa è una delle spiegazioni della sostanziale inutilità dell’elargizione, che non ha incrementato il reddito disponibile e, conseguentemente, ha avuto influenza pari a zero sull’auspicato aumento dei consumi, perso di vista dai Radar.
La conseguenza di tutto ciò è stato l’ulteriore abbassamento del Pil dello 0,4%. Per il 2015 il Governo pare intenzionato a prevedere un incremento del Pil dello 0,7%, ferme restando le misure economiche, 80 euro comprese, assolutamente inefficaci nel 2014. Se il Pil crescerà, è evidente, sarà allora solo per eventi esterni alle manovre, come, in particolare, l’immissione di liquidità nel sistema economico, decisa dalla Bce.