Effetti del Jobs Act tra assunzioni e propaganda.
Da qualche giorno sui media si discute trionfalmente delle richieste di assunzioni con gli sgravi concessi dalla legge di stabilità. I consulenti del lavoro censiscono 250.000 assunzioni a tempo indeterminato nei primi mesi del 2015, mentre l’Inps ha informato che solo tra l’1 e il 20 febbraio sono giunte 76.000 richieste di decontribuzione.
Si tratta della più classiche delle “non notizie”. Che, però, nell’attuale clima di propaganda assurgono a dignità di scoop, ovviamente allo scopo di dimostrare che le riforme del lavoro operate dal Governo sono efficaci e siamo in presenza del rilancio acclarato dell’occupazione.
Il problema è che, tuttavia, il passaggio dalla propaganda alla realtà è sempre brusco. Noi, ovviamente, auspichiamo che l’economia sia effettivamente in rampa di lancio e con essa l’occupazione. Ma, considerazioni meno entusiastiche si impongono.
Torniamo alla non notizia. Perchè ci si dovrebbe stupire e urlare al trionfo se datori di lavoro si limitano a sfruttare l’opportunità di assumere giovandosi delle sovvenzioni (che tali sono) concesse dalla legge? La notizia vera sarebbe se gli imprenditori non si avvalessero degli sgravi.
Si dirà, allora, che è largamente positivo il dato delle 275.000 assunzioni a tempo indeterminato nei primi mesi 2015. Ma, anche questo dato non porta particolari emozioni, sapendo che i dati raccolti annualmente dal sistema delle Comunicazioni Obbligatorie ci informano che nel primo trimestre di ogni anno le assunzioni a tempo indeterminato sono circa 500 mila; solo nel 2014, anno di profondissima crisi, si fermarono a 435 mila.
Quindi, le 275 mila assunzioni sarebbero indice di aumento dell’occupazione solo se fossero aggiuntive alle “normali” 500 mila? Non proprio. In totale, le assunzioni dei primi trimestri degli ultimi anni, come emerge sempre dai dati delle Comunicazioni Obbligatorie, sono circa 1,8 milioni, contando anche quelle a tempo determinato.
In sostanza, lo Stato avrebbe impiegato ingenti risorse per sgravare il costo di assunzioni che le aziende avrebbero comunque effettuato. L’unico piccolo vantaggio sarebbe l’eventuale effetto sostituzione: un po’ più di contratti a tempo indeterminato al posto di altrettanti a tempo determinato.
Parlare di effetti del Jobs Act sulla crescita dell’occupazione, visto che è in vigore da pochissimi giorni, non ha alcun senso. Occorre aspettare ancora i dati delle Comunicazioni Obbligatorie del primo trimestre 2015 e almeno 6 mesi di assestamento della riforma, per verificare se i toni trionfalistici hanno fondamento.