COL JOBS ACT STAGIONALI AD INDENNITA’ DIMEZZATA.
Indennità di disoccupazione dimezzata per i lavoratori stagionali. Il Jobs Act centellina le sue conseguenze sui lavoratori poco alla volta, man mano che si riesce ad analizzarlo in tutte le sue molteplici pieghe.
I lavoratori stagionali, leggendo meglio le nuove norme sulla Naspi, la nuova indennità di disoccupazione, si sono accorti della brutta sorpresa: l’indennità di disoccupazione verrà erogata per un periodo pari alla metà del numero di settimane lavorate e, soprattutto, verranno cancellati dal computo le settimane già considerate per l’erogazione dell’indennità. Morale della favola: chi ha un lavoro stagionale di 6 mesi, avrà una Naspi della durata di 3 mesi e non più di 6.
Salta in maniera clamorosa, quindi, un sistema di tutela e protezione sociale proprio nei confronti dell’emblema storico della tanto evocata “flessibilità”, il lavoro stagionale, per sua stessa natura flessibile.
Poiché alla base della riforma delle leggi sul lavoro si afferma che vi deve essere la tutela non del “posto” di lavoro, ma la tutela nel mercato, il dimezzamento della Naspi per i lavoratori stagionali appare in netto contrasto con gli intenti della riforma stessa.
C’è, tuttavia, un perché a quanto accade, ed è piuttosto semplice. I sostenitori della riforma a più riprese ribadiscono che essa finalmente “estende” anche a chi non le aveva le tutele prima riservate a determinati segmenti di lavoratori.
Il problema consiste nell’equivoco utilizzo delle parole e dei loro significati. Il verbo “estendere” non deve essere confuso col verbo “stendere” o “spalmare”. Quando si stende o spalma qualcosa, l’operazione consiste nel distribuire una stessa quantità in uno spazio più ampio: si stende la marmellata su una torta. Quando si “stende” o “spalma” lo strato si fa sempre più sottile, man mano che si allarga lo spazio della stesura.
Cosa diversa, specie nel diritto, è “estendere”. La vera e propria estensione di un diritto consiste nell’attribuire il beneficio ad esso collegato nella stessa misura a più soggetti: quando si estese il diritto di voto a tutti, senza limitazioni di censo e sesso, ciascuno potè esercitare un diritto di voto qualitativamente e quantitativamente uguale a quello di ogni altro elettore.
Nel caso della riforma del lavoro, non si stanno estendendo le tutele, ma le si stanno solo spalmando: infatti, più soggetti ricevono tutele, ma quelle che ricevono sono più sottili e flebili. Questo, perché le risorse finanziarie disponibili non sono state aumentate. Estendere tutele e diritti, senza modificare i finanziamenti porta al paradosso che magari più soggetti potranno ambire a disporre di alcune tutele, che però saranno meno forti e utili.
Senza una riforma del welfare che porti l’Italia verso il livello di spesa dei Paesi competitori, qualsiasi riforma del lavoro che mira a tutelare il lavoratore non nel posto, bensì nel mercato, avrà solo effetti parziali. Secondo i dati Ocse del 2013, l’Italia tra politiche attive e passive spende circa 27 miliardi; la Germania 47; la Francia 50.