CERCARE LAVORO CON LINKEDIN. NEL PROFILO PER LE TUE ESPERIENZE SOLO CASELLE.
Oggi ho deciso di riprendere in mano dopo svariati mesi il mio profilo LinkedIn per aggiornarlo e curarlo visto lo stato di approssimazione e vecchiume in cui lo avevo lasciato.
Il motivo vero è stato un improvviso entusiasmo misto a preoccupazione al pensiero di cercare e trovare un posto che quest’estate mi prenda come tirocinante, gratis naturalmente. Il secondo vero motivo è che amici e conoscenti che sono convinta faranno carriera nella vita o che l’hanno già fatta nutrono fiducia e aspettative in questa piattaforma. E io dovrei essere da meno? Anch’io ho una voglia matta di fare carriera, non so bene in cosa, dove e con chi ma il desiderio di impegnarmi la vita con un lavoro che mi soddisfi ce l’ho eccome. Magari LinkedIn può essere un mezzo per guardarmi attorno e d’armi spunti interessanti se non vere e proprie opportunità, pensavo.
Nemmeno ricordavo com’era fatto il layout del social del lavoro e tantomeno funzioni e modalità di navigazione. Mi sono messa d’impegno nell’attività di vagare a caso seguendo un istinto tutt’altro che cibernetico, intuendo in breve le situazioni base nelle quali si può incorrere. Ho sbirciato i profili dei pochi contatti, tanto da evitare gli strafalcioni più grossolani da matricola del social e capire che livello di formalità o informalità potevo permettermi per non sembrare un Segretario comunale o Vittorio Sgarbi. Ho notato con molta curiosità l’incredibile numero e varietà di professioni dagli evocativi nomi anglosassoni che i miei possibili nodi di rete svolgono. Mi sono chiesta stupita quanti lavori esistano a questo mondo e quanto difficili debbano essere per avere nomi così articolati, ma era arrivato il momento di agire: mo’ vi dimostro che nella mia vita di ventitreenne impegnata ho combinato qualcosa di interessante.
Mi sono fatta una premessa: la prima cosa è essere sincera. Non invento competenze, scibili ed esperienze che non ho collezionato perché se mi contattano per aver fatto l’editor in Mondadori, come glielo spiego che a volte sono affetta da dubbi esistenziali se mettere o meno la i in certe parole. Ora, se qualcuno era interessato a propormi un tirocinio in ambito editoriale, non ci ripensi dopo quest’ultima infelice uscita, era un esempio per farsi capire e poi i dizionari di italiano esistono ancora e si possono usare.
Fatta la premessa, ho iniziato a modificare il profilo: mi sono laureata, non ho ancora capito bene la spendibilità del mio titolo triennale ma non importa, si sa che si apprende sul campo, procediamo. Indico il corso che sto attualmente frequentando, i miei lavoretti stagionali, alcune attività di volontariato. Scrivo le risposte che mi vengono in mente e che sembrano più calzanti al nome della casella in cui le inserisco. Rileggo. Penso.
Penso a come il compilare il profilo LinkedIn puntando alla sincerità mi faccia sentire come se nella vita abbia combinato poco niente di interessante e quasi niente di appetibile per un mondo del lavoro che forse, a questo punto, un giorno mi vedrà bussare alla sua porta e barcamenarmici dentro. Effettivamente non ho fatto esperienze lunghe di studio e formazione all’estero, devo ancora fare la prima esperienza di tirocinio, se non si fosse capito, e i lavoretti che ho fatto per sostenermi un po’ non sono, come dire, confacenti la mia carriera universitaria e ideale futura. Un po’ di sconforto mi assale. Eppure di cose ne ho fatte e ne faccio, non sono mai a casa! Possono confermare parenti, amici e gatto.
Di passioni e aspirazioni ne ho, sebbene alcune siano confuse, ma non ho trovato loro posto nel profilo LinkedIn. D’altronde viene chiesto di parlare delle tue esperienze di vita e formazione entro caselle preconfezionate e mezze digerite, dare numeri e date di inizio e fine alle cose, come se fossimo sempre in grado di collocare geograficamente e temporalmente vittorie, illuminazioni e fallimenti. Non me la sono sentita di assegnarmi precisi titoli e competenze, non perché non abbia fatto nulla, ma per non avere certificati e diplomi che attestino inequivocabilmente ogni corso frequentato, incontro stimolante, progetto portato a termine e viaggio fatto. Per parlare in gergo accademico, mi sembra proprio che qui si punti al quantitativo più che al qualitativo, sebbene lo scopo manifesto sembri essere l’opposto