STOP AGLI IMMIGRATI MA NON ALLA GLOBALIZZAZIONE. LA CONTRADDIZIONE DEI FRONTI CONTRAPPOSTI
Per comprendere la battaglia che si combatte sul fronte dell’immigrazione incontrollata è necessario stabilire il fronte e l’oggetto del contendere.
L’oggetto del contendere è nel medio-lungo periodo la permanenza o meno degli stati nazionali con gli attuali poteri cui si accompagna la nuova definizione ideologica di «bene comune».
Quale è il bene comune che gli stati nazionali devono perseguire: quello della propria popolazione o anche e soprattutto quello di tutti gli altri popoli, specie se poveri?
La questione a prima vista sembra di lana caprina, perché è stato evidente finora che ogni stato debba intendere per bene comune in primo luogo quello dei cittadini contribuenti e solo successivamente il bene degli “stranieri” nei limiti di un possibile, determinato con decisioni interne e condivise all’ interno.
Ma a quanto pare per molti le cose non stanno così: si parla di necessari «sensi di colpa» storici, di doveri inderogabili verso i «poveri» e di egoismi ingiustificati e antistorici in caso contrario.
E qui veniamo ai fronti contrapposti.
Chi di fatto sostiene l’allargamento incondizionato e costoso dei «diritti» a tutti i «poveri» persegue una nuova e volontaria redistribuzione, la creazione di nuove povertà e di livellamenti sociali funzionali agli interessi della finanza globale disgregatrice delle legislazioni nazionali
A questa si accompagnano tutti gli apparati ideologici al suo servizio: religioni organizzate , Nazioni Unite, organizzazioni umanitarie che in ogni caso ci guadagnano, partiti e governi «nazionali» di sinistra , anche quella moderata.
L’attuale stop sull’accoglienza del governo socialista di Hollande è solo una tattica strumentale per non perdere il consenso interno, ma di certo non si oppone nel medio-lungo periodo ai processi di globalizzazione disgregatrice dei tessuti socioeconomici locali.
A questo proposito vedremo anche che sorte avrà il nuovo trattato commerciale TTIP tra Europa e USA, che varrà in caso di approvazione più delle leggi sul commercio dei singoli paesi.
Sull’altro fronte stanno quote crescenti di popolazioni locali, finora ampiamente imbonite dall’ideologia solidaristica, che per questo solo in parte hanno preso coscienza dell’oggetto del contendere, e i cosiddetti partiti «populistici», di cui molti comunque diffidano, perché temono di cadere dalla padella nella brace, dovuta ad eventuale incompetenza tecnico-politica.
Tra i risultati emergenti la fine del principio di legalità e perfino di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, in nome di un’indulgenza legale e morale differenziata a favore dei «poveri» che entrano nel nostro territorio con uno statuto speciale e privilegiato.
Cui si accompagnerà con ogni probabilità anche il nuovo statuto privilegiato delle multinazionali favorite dal TTIP.
Naturalmente le «magnifiche sorti progressive» che si profilano vengono contrabbandate da molti come «Progresso» e «Futuro» cui inchinarsi.