TIBET TERRA DI MISTERO:TESORI NASCOSTI ALL’OCCHIO INDISCRETO DEL TURISTA.
Il 1° settembre s’è celebrato a Lhasa il cinquantenario della nascita della cosiddetta Repubblica Autonoma del Tibet. Il termine è ovviamente di comodo perchè sulla popolazione tibetana continua il tallone di ferro dello Stato Comunista cinese, uno strettissimo controllo militare e poliziesco, con posti di blocco sulle principali strade, centinaia di posti di polizia e migliaia di telecamere a controllare ogni angolo del quartiere tibetano di Lhasa e delle principali località. La TAR (Regione Autonoma del Tibet) è solo una parte del Tibet storico (del tutto inglobato nella Repubblica Popolare Cinese) ma totalmente priva di qualsiasi autonomia decisionale dal punto di vista economico, sociale e culturale.
Ad assistere alla parata militare del primo settembre di fronte al Potala (la storica residenza dei Dalai Lama, ora museo) non c’erano occhi occidentali. Come accade in occasioni simili le autorità cinesi hanno sospeso la concessione degli speciali permessi ai turisti che, ottenuto il visto cinese, chiedono di poter andare nella TAR. Non si sa mai quello che può accadere. Ogni eventuale protesta (anche le disperate immolazioni di persone che si danno fuoco, giunte a quasi 150) non deve poter essere fotografata o filmata.
Pochi giorni prima di lasciare Lhasa il grande palco delle celebrazioni era ormai del tutto allestito e attendeva le autorità in un tripudio di bandiere rosse, che ai tibetani ricordano le migliaia di monasteri distrutti e il milione di abitanti imprigionati, torturati o uccisi dal 1950 ad oggi. Lhasa è ormai una metropoli cinese di oltre un milione di abitanti e i tibetani sono estrema aminoranza nella loro terra. A Lhasa 80 mila tibetani sono concentrati nel piccolo quartiere storico, in condizioni abitative difficili (gran parte degli appartamenti sono senz’acqua corrente. I servizi igienici sono quelli pubblici, in strada). Eppure la mitica Shangri-La, il luogo inaccessibile e misterioso dell’Himalaya che ha fatto sognare decine di esploratori (Tucci, Harrer, Alexandra David Neel) conserva il suo fascino.
Se si evita un tour organizzato e si va in autonomia (obbligatori comunque guida e autista) addentrandosi nei luoghi più remoti con la sensibilità dell’etnologo, il Tibet svela i suoi meravigliosi tesori. Piccoli monasteri si stagliano sul cielo d’azzurro cobalto, intere famiglie di pastori compiono i percorsi rituali (Kora) attorno ai luoghi sacri, stendono le bandiere di preghiera sul passi di montagna a 5.300 metri.
La presenza dei cinesi è inversamente proporzionale all’altitudine: nelle zone remote oltre i 4500 metri sono quasi assenti. Eccetto i crescenti buddhisti cinesi, carichi di sensi di colpa.