SCUOLA:DALLA LIBERTA’ DI INSEGNAMENTO ALLA LIBERTA’ DEL DIRIGENTE
La riforma della scuola all’esame del Parlamento e già causa di profonde lacerazioni sociali è in gran parte fondata sulla verticalizzazione del potere, attraverso il potenziamento di competenze e funzioni dei dirigenti scolastici, una volta chiamati “presidi”.
Da questo punto di vista, la riforma rappresenta perfettamente l’idea di concentrazione di poteri e competenze in pochi soggetti, del resto espressa chiaramente dalla nuova legge elettorale e dal disegno di riforma della Costituzione.
I dirigenti scolastici saranno, in futuro, il fulcro per l’assegnazione ai docenti anche di ruolo di incarichi triennali, che consentiranno loro di svolgere la funzione docente. In sintesi, si rimette integralmente ai dirigenti scolastici la possibilità per i docenti di prestare la propria attività lavorativa.
Un potere immenso, come si capisce. Senza entrare nel merito del problema se questo sistema possa apparire adeguato, di certo si trasforma il ruolo dei docenti come una sorta di albo di lavoro “a chiamata”. Il superamento delle abilitazioni e dei concorsi non sarà sufficiente, occorrerà sempre la chiamata del dirigente scolastico, valevole per tre anni (quanto la durata dei piani formativi), per poter effettivamente insegnare.
Si comprende perfettamente che il disegno di legge intenda mettere nelle mani di poche migliaia di persone, i dirigenti scolastici sono circa 7.500, l’attività lavorativa di un comparto nel quale lavorano circa 900.000 dipendenti pubblici, tra personale docente e non docente.
E’ evidente a chiunque l’enorme possibilità di controllare indirettamente il consenso di centinaia di migliaia di persone e delle loro famiglie.
I dirigenti scolastici potenzialmente potranno essere il fulcro di un rinnovamento positivo della scuola, e questo dipenderà dall’effettiva capacità della riforma di migliorare davvero lo stato dell’insegnamento. Quel che è certo, però, è che se il Governo di turno riuscirà a controllare gli ingressi in carriera dei dirigenti scolastici, assicurandosi le prestazioni di persone che assicurino fedeltà politica alla maggioranza di turno, al tempo stesso potrà assicurarsi un controllo molto stretto e forte su una parte larghissima di elettorato pubblico.
Il disegno di legge sul reclutamento dei dirigenti scolastici appare molto laconico. Mentre il contemporaneo disegno di legge sulla riforma della PA e della dirigenza esclude i dirigenti scolastici dai ruoli unici dei dirigenti pubblici, il ddl Giannini prevede una delega per riformare il concorso nazionale finalizzato al reclutamento dei dirigenti.
Occorrerà, dunque, capire cosa stabiliranno i decreti delegati. Ma sa subito si comprende che il ddl Gianni comunque assegna ai dirigenti scolastici non solo un ruolo centrale nella direzione didattica ed amministrativa (col potenziamento dell’autonomia anche organizzativa e finanziaria), ma un formidabile rilievo sostanzialmente politico, certamente funzionale alla formazione del consenso.